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Che cosa ci ricorda le Cinque Giornate di Milano?

Quest'anno ricorrono i 175 anni delle Cinque Giornate di Milano. Un evento così significativo nella storia della nostra città da lasciare un segno sulla sua toponomastica. Ma ci sono solo i nomi delle vie a ricordarci quei giorni in cui, dal 18 al 22 marzo 1848 (lo diciamo per chi non lo sa) i milanesi insorsero e, grazie alle barricate e,  soprattutto, grazie al coraggio, cacciarono la più grande potenza dell'epoca, anche se solo per cinque mesi (anzi, meno).  Infatti, ben presto la città (e non solo) ritornò sotto la dominazione austriaca. Eppure, seppur temporanea, quella liberazione è uno dei momenti più significativi della storia del Risorgimento.

PORTA VITORIA (EX PORTA TOSA)

Porta Vittoria prima si chiamava Porta Tosa. Questo nome risaliva al XII secolo. Si narra che durante dell'occupazione  da parte di Federico Barbarossa, nel 1162, l'anno della devastazione, i milanesi, per distrarre i soldati tedeschi, abbiano mandato una prostituta per distrarre i soldati. La ragazza, dice la leggenda, per portare a termine il proprio compito, si depilò le parti intime davanti a loro. In memoria dell'accaduto, oltre che con il nome, la omaggiarono mettendo sulla porta un bassorilievo raffigurante una donna nell'atto di radersi. Si dice che questa figura femminile assomigliasse alla moglie di Federico Barbarossa, Beatrice. 

Carlo Borromeo la fece rimuovere perché la ritenne sconcia. 

Esistono altre ipotesi su questa etimologia e anche sulla donna raffigurata ma andremmo troppo fuori tema. Però dobbiamo dire ancora un paio di cose. Anzi, tre.

  • La prima è che tosa in milanese significa ragazza, anche nell'accezione di figlia. Deriva proprio da tonsare, tosare, depilare, rasare.

  • La seconda è che la statua  esiste ancora e si trova al Castello Sforzesco. L'ultima è che la Porta Tosa di cui stiamo parlando in questo momento non è quella dei Bastioni e che oggi chiamiamo, appunto, Porta Vittoria. 

  • La Porta Tosa medievale venne demolita nel 1790. Era all'incrocio tra via Rastrelli e via Larga. 

CORSO DI PORTA VITTORIA E CORSO 22 MARZO

Lo Stradone di Santa Prassede è diventato corso di Porta Vittoria. Corso 22 marzo, che ne è la prosecuzione dopo piazza Cinque Giornate, prima era lo Stradone per la Senavra, dal nome del manicomio aperto nel 1780. Pompeo Castelli, un consigliere, protestò perché non voleva  che un giorno così importante desse il nome a una strada dove c'era un manicomio. Lo Stradone per la Senavra correva parallelo al naviglio più antico, il Naviglio di Porta Tosa o Cavo Bergognone.

L'edificio in cui c'era la Senavra esiste ancora e si trova in corso 22 Marzo al 50. Adesso c'è la parrocchia del Preziosissimo Sangue di Gesù. 

Secondo una leggenda, da queste parti si aggirerebbe il fantasma di un anziano morto nel manicomio. Molesta i passanti e l'unico modo per calmarlo è dargli qualche monetina. Lo si riconosce dal rumore di zoccoli caprini.

Un altro punto di corso 22 marzo in cui si dice vi siano degli spettri è davanti alla chiesa di Santa Maria del Suffragio. Prima della copertura del Naviglio di Porta Tosa qui c'era la Locanda del Pellegrino.

IL MONUMENTO ALLE CINQUE GIORNATE DI MILANO

L'obelisco di Piazza Cinque Giornate è opera di Giuseppe Grandi, al quale hanno dedicato una piazza con fontana monumentale e parco che si trova lungo corso 22 marzo. Grandi è morto nel 1894, prima dell'inaugurazione dell'opera (1895).

Sull'obelisco sono incisi i nomi dei caduti. Sotto, vi sono le statue di cinque donne. Ognuna rappresenta una delle cinque giornate di Milano. Su Wikipedia trovate i nomi delle 5 modelle.

Ci sono anche la statua di un'aquila e quella di un leone. Quest'ultima ha una storia interessante. 

Per scolpirla, Grandi si fece portare un leone vero, dallo zoo di Amburgo. Solo che era anziano, mansueto e abituato agli uomini. Pertanto, Grandi non riusciva a fargli assumere quell'espressione feroce che gli serviva. Eppure, a questo scopo, lo tormentava ogni giorno. Finalmente il leone s'infuriò, a causa di un clistere che dovettero fargli per motivi di salute. Il ruggito terrorizzò tutti ma Grandi riuscì a fissare il momento su carta e, di conseguenza, a fare la statua come voleva. Questo leone si chiamava Borleo. Secondo un’altra versione proveniva da un circo di Amburgo e secondo un’altra ancora dallo zoo di Anversa (Antwerpen).

Sotto la base dell'obelisco c'è una cripta con le ossa dei caduti. Dal 18 al 22 marzo di ogni anno la si può visitare.

I PALAZZI DANNEGGIATI

Non ci sono solo la toponomastica e questo monumento a ricordarci le Cinque Giornate di Milano ma ci sono anche in alcuni sbreghi ancora visibili. Ad esempio, ce n'è uno in Corso Venezia al 13. Addirittura, sul portone di Palazzo Acerbi, in corso di Porta Romana 3, c'è ancora una bomba. Queste vestigia sono evidenziate dalla scritta Marzo 1848. Urbanlife ha scritto che si dice che in una finestra di palazzo Sormani, la sede della biblioteca, vi sia ancora una pallottola sparata in quei giorni.

Sempre nello stesso articolo, datato maggio 2021, si dice che nel restauro di Palazzo Borgazzi (corso di Porta Vittoria 16) sono stati cancellati i segni degli scontri.

QUALCHE CENNO STORICO

Veniamo ai fatti di quei giorni. Innanzitutto, va precisato che non tutti i rivoltosi sognavano la secessione e l'annessione da parte del Regno di Sardegna: Carlo Cattaneo avrebbe voluto un ruolo più prestigioso di Milano e del regno lombardo veneto nell'ambito dell'Impero  (forse simile a quello che avrebbe ottenuto l'Ungheria nel 1867?). La sua idea era una sorta d'Impero federale. Wikipedia spiega che erano "più desiderosi di ampie e profonde riforme che di una rivoluzione". Di questa corrente facevano parte anche  Pompeo Litta e Giulio Terzaghi.

Invece, il patriziato milanese moderato e conservatore voleva che il Regno di Sardegna prendesse il posto dell’Aquila Bicipite.

Prima dello scoppio della rivolta, c'era stato lo sciopero del fumo da parte dei milanesi per protestare contro le angherie degli austriaci. I soldati li provocavano fumando ostentatamente. L'aria divenne tesa. La notizia della rivolta di Vienna e di alcune concessioni liberali inasprirono la situazione. Come se non bastasse, il 16 e il 17 marzo 1848 a Milano si seppe che in Francia, in Austria, in Ungheria, in Boemia, in Croazia, a Trieste e a Venezia c'erano stati dei tumulti.

La scintilla l'accese una guardia austriaca sparando contro Gian Battista Zaffaroni, reo di averlo pugnalato. Era stata la contessa Giulia Suardi a dare di nascosto il coltello allo Zaffaroni.

Il giorno dopo, il 23 marzo 1848, venne formato un governo provvisorio con a capo Gabrio Casati che aveva lo scopo di favorire l’annessione al Regno di Sardegna di Carlo Alberto. Casati, di estrazione nobile, fu podestà dal 1837 e il 1848. Favorevole all’unione con il Piemonte,. fece indire un referendum per legittimarla. La consultazione popolare si tenne l’8 giugno di quell’anno.

DUE VIE INTITOLATE A DUE PROTAGONISTI DELLE CINQUE GIORNATE DI MILANO

Questo fa capire il ruolo dell'aristocrazia nell'ambito delle Cinque giornate di Milano. Anche la borghesia diede un contributo importante. E le classi popolari? Una leggenda vuole che, quando gli austriaci tornarono, il 6 agosto, in seguito alla vittoria nella Prima Guerra d’Indipendenza contro le truppe piemontesi, quattro donne del popolo siano andate loro  incontro dicendogli Semm minga stàa nunc, hinn stàa i sciuri (non siamo stati noi, sono stati i ricchi).

Tuttavia, è ormai appurato che ogni classe popolare partecipò all'insurrezione. Tant'è che uno degli eroi era un ciabattino, Pasquale Sottocorno. Milano gli ha dedicato una via dalle parti di piazza V Giornate. Invece, a Luisa Battistotti Sassi, moglie di un commerciante, hanno intitolato una strada vicino a viale Corsica, che è la prosecuzione di corso 22 Marzo (in un articolo recente, che parla di Anna Kuliscioff, abbiamo detto che a Milano la toponomastica dà poco spazio alle donne).Le cronache la  descrivono come molto agguerrita.

Un'altra persona di estrazione popolare che in quei giorni combatté strenuamente fu Giovanni Meschia, un lattaio di Porta Ticinese.

PORTA VITTORIA E SANTA MARIA DEL SUFFRAGIO

Gli insorti si concentrarono su  Porta Tosa perché era la più lontana dal quartier generale austriaco, che si trovava al Castello Sforzesco.

Ai tempi segnava il confine tra a Milano e Calvairate. Infatti, il nome originario di Santa Maria del Suffragio, la chiesa che si trova all'inizio di corso 22 Marzo, era Santa Maria Nascente in Calvairate. La volle Carlo Borromeo e venne eretta nel 1577. Quella di adesso è stata inaugurata nel 1896. Nel 1996 hanno messo i portali bronzei. Carlo Maria Martini li ha benedetti.

IL MARESCIALLO RADETZSKY

Non è questa la sede per parlare di Radetzky e del suo rapporto con la nostra città. Ci limitiamo a una nota di colore: ebbe una morosa milanese, Giuditta Meregalli. Fu proprio in occasione delle loro nozze, nel 1854, che Strauss compose la Radetzky Marsch (almeno, così ha scritto Daniele Carozzi in Leggende e storie milanesi).

 Nel marzo del '48 aveva 81 anni. È morto proprio a Milano il 5 gennaio 1858.

MORSENCHIO

Proseguendo oltre corso 22 marzo, si arriva a Morsenchio. Un tempo era un borgo indipendente mentre oggi è un quartiere di Milano. Vi facciamo cenno perché qui si combatté una delle battaglie della Prima Guerra d'indipendenza.

 

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