Chi era Anna Kuliscioff, milanese d’adozione?

La 321 parte da Bisceglie, incrocia via dei Calchi Taeggi, in cui c'è il carcere minorile Beccaria, e poi imbocca via Anna Kuliscioff. Siamo nella periferia occidentale di Milano. È una zona industriale e infatti la presenza di un hotel per turisti stupisce un po' ma neanche più di tanto. La struttura ricettiva, che fa parte di una catena internazionale, spicca per il colore rosso. 

La 321 prosegue. Via Anna Kuliscioff diventa via Volta: siamo entrati a Corsico. Siamo sempre in una zona industriale e non si percepisce nessuna soluzione di continuità. Da queste parti ci sono anche un liceo scientifico, una hamburgeria, una trattoria milanese per lavoratori e la discarica di questo comune.

Poi entra a Cesano Boscone e lambisce la Sacra Famiglia, l'istituto in cui qualche anno fa ha fatto volontariato Silvio Berlusconi, in seguito a una condanna. Qui fece un intervento anche Elio per parlare di autismo perché, come molti sanno, uno dei suoi figli è autistico.

Vicino alla Sacra Famiglia c'è il Cinema Teatro Cristallo, sul cui palco si esibiscono cabarettisti importanti. Ne menzioniamo uno come rappresentante di tutti. Anzi, una: Lella Costa, che si esibirà proprio domani,  7 marzo 2023.

Dopo un po', la 321 entra di nuovo a Corsico, dove costeggia il Naviglio passando davanti a punti e a tratti di strada resi immortali (per i cultori del genere) da Celentano (Asso) e da Pozzetto (Un povero ricco). Ma ultimamente è successa una cosa che ha aggiunto altra luce a questo pezzo di hinterland: la telefonata dei Rolling Stone a un ristorante per fare un ordine di consegna a domicilio. A San Siro, per la precisione, dove era in programma un loro concerto.

Poi s'inoltra nel quartiere Sant'Adele, passa per Buccinasco e termina il proprio tragitto alla fermata Assago Forum.

Nota per i non-milanesi: la 321 è un autobus (ma lo avrete sicuramente capito) e gli autobus a Milano sono femminili. L'ipotesi più accreditata è che si tratti di un retaggio del periodo in cui questi mezzi pubblici si chiamavano come le lettere dell’alfabeto. È comunque un vezzo. Come dire brioche invece di cornetto.

La 321 parte da un piazzale antistante la fermata della metropolitana Bisceglie, uno dei capilinea della 1. Da qui si parte per andare verso ovest: Cesano Boscone, Corsico, Buccinasco, Assago, Trezzano sul Naviglio, Settimo Milanese, Quinto Romano. Baggio. Oppure verso il centro: De Angeli e Cadorna.

Sul muro ci sono dei tag e delle scritte. Una mi è rimasta impressa: “La speranza è una trappola”. Mi fa venire in mente un aforisma di Nietzsche.

VIA ANNA KULISCIOFF E LA TOPONOMASTICA MILANESE

Partiamo di nuovo con la 321 (ma va bene anche la 322) e fermiamoci nella via che ci interessa. Come avrete capito dal titolo, è via Anna Kuliscioff. Perché l'abbiamo scelta? Un po' per la collocazione: sul confine e in una periferia industriale quasi canonica e per questo motivo a suo modo affascinante. Un po' perché conferma un fattore che caratterizza la toponomastica milanese: spesso le vie non sono raggruppate per tema. E così, per esempio, piazza Cavour, corso Garibaldi e via Mazzini non sono vicini.

I cannocchiali visivi

Quest'ultima, cioè via Mazzini, è perpendicolare al cannocchiale visivo che passa per la Galleria Vittorio Emanuele II. Mazzini era repubblicano. Un cannocchiale visivo è un asse che intercorre tra due o più punti d'interesse artistico e culturale. Quello cui stiamo parlando va da piazza della Scala a Torre Martini passando per il Palazzo dell'Arengario Nuovo. Pensate che i cannocchiali visivi sono così preziosi che niente ne può occludere la visuale. Questo fattore ha condizionato il progetto finalizzato a collegare i due edifici gemelli del Palazzo dell'Arengario Nuovo, indetto per ampliare il Museo del Novecento, che ne occupa uno.

Avrebbe gradito?

Ma torniamo alla nostra via Anna Kuliscioff. Avrebbero potuto metterla vicino a via Andrea Costa o a via Filippo Turati, che sono abbastanza distanti l'una dall'altra (qualcuno si ricorderà che in via Turati c'era la sede del Milan). Infatti, ebbe con entrambi un legame affettivo e ideologico-politico. Dal primo ebbe una figlia. Insieme al secondo e ad altri ha fondato il Partito Socialista. Anna e Filippo sono sepolti insieme, al Monumentale. Ma crediamo lei ne sarebbe stata contenta perché diceva: "Io non sono la donna di nessuno". 

Crediamo anche che le sarebbe piaciuta la strada che le hanno intitolato. Perché è una strada di lavoratori.

Vie di Milano dedicate a donne

Infine, l’abbiamo scelta perché a Milano è molto difficile trovare una strada dedicata una donna: su 4250, ce ne sono solo 141. Se togliamo quelle intitolate a Madonne, sante, martiri, beate e "figure non identificate legate a tradizioni locali", le possibilità diminuiscono ulteriormente. Se poi vogliamo limitarci alle donne milanesi, ecco che le scelte non sono moltissime. 

CHI ERA ANNA KULISCIOFF?

“Ma Kuliscioff non è proprio un cognome meneghino”, obietterà qualcuno. Infatti, era milanese di adozione. Tra l'altro, questa città sembra avere un feeling particolare con le persone nate nei territori russi poi diventati ucraini: oltre a lei, Scerbanenco e Shevchenko.

Ma chi era Anna Kuliscioff e che cosa ha fatto per meritarsi una via e una sepoltura al Monumentale? Oltre alla carriera politica, fu anche una dottoressa, nel senso di medico. Fu la prima a capire che le puerpere si ammalavano perché le levatrici non si lavavano le mani. La sua vita professionale e la sua vita politica sono strettamente legate in quanto si dedicò soprattutto ai poveri e non li faceva pagare. Per i milanesi era la dutura dei poveri o anche solo la dutura.

Dal punto di vista politico, è da sottolineare la sua avversione nei confronti del femminismo borghese perché, secondo lei, non solo non risolveva il problema dello sfruttamento femminile ma anzi lo acuiva. In altre parole, riteneva che le femministe borghesi pensassero solo per sé. Per Anna Kuliscioff era indifferente che lo sfruttatore fosse un uomo o una donna: il nemico era il capitalismo. Non solo: riteneva le nobili e le benestanti co-responsabili della condizione femminile.

Promosse la presentazione di una legge che regolasse il lavoro minorile e femminile e lo rendesse più dignitoso e meno massacrante. Purtroppo, il contenuto della legge fu molto all'acqua di rose rispetto all'intento. Si batté anche per dare alle donne il diritto di voto e la parità di salario.

Trasformò la redazione del giornale diretto da Filippo Turati in un salotto intellettuale-politico (fu anche giornalista). Il 27 aprile al 1890 Circolo Filologico Milanese tenne una conferenza dal titolo Il monopolio dell’uomo. Fu talmente significativa che nel 2020 ne è stato celebrato il 130 anniversario. A quei tempi le donne non potevano iscriversi al Circolo Filologico Milano eppure questo ente la invitò.

Ebbe a che fare con Mussolini e non lo stimò. I due avevano una trentina di anni di differenza (l'anno di nascita della Kuliscioff è incerto: lo si colloca tra il 1853 e il 1857; in compenso, sappiamo che venne al mondo il 9 gennaio). Avrebbe voluto un'alleanza tra tutte le forze antifasciste per contrastarne l'ascesa.

Morì a Milano il 29 dicembre 1925. Alcuni fascisti attaccarono il corteo funebre, che era abbastanza nutrito (anzi, immenso): la ritenevano pericolosa per il regime anche da morta. 

 

LA FONDAZIONE ANNA KULISCIOFF

Esiste anche la Fondazione Anna Kuliscioff, la cui sede è in via Vallazze, a Lambrate.

Giulio Polotti

È nata per volontà di Giulio Polotti,  partigiano, sindacalista (è tra i fondatori della UIL, di cui fu Segretario Generale della sezione di Milano), ex assessore (prima al Demanio e poi ai Lavori pubblici) ed ex deputato.

Tra le tante cose, dobbiamo a lui la sistemazione dei locali della pinacoteca del Castello Sforzesco. Nel 1991 ricevette la Medaglia d’Oro di Benemerenza civica da parte del Comune di Milano (siamo nell'ambito dell'Ambrogino d'oro). È morto il 30 marzo 1999. Nel 2010 gli sono stati intitolati i giardini di piazza Aspromonte.

Polotti, inoltre, fu promotore del Nucleo Milanese di Protezione Civile e raccolse molto materiale inerente all’antifascismo, alla resistenza e al movimento operaio.

La fondazione e i suoi scopi

Questo materiale è stata la base per l'avvio del progetto Fondazione Anna Kuliscioff, sul cui sito si può leggere quanto segue.

“Nasce così nel 1993 una Fondazione di raccolta, studio e ricerca, dedicata al nome di Anna KULISCIOFF. Il materiale conservato proviene in larghissima parte dalla biblioteca e dalla collezione privata di Giulio Polotti, raccolto in oltre cinquant’anni di accurata e puntigliosa ricerca”.

Nel corso di questi 30 anni se ne è aggiunto altro, frutto soprattutto di donazioni. Ci sono anche molti documenti depositati.

Qui non troviamo soltanto del materiale cartaceo come cui manoscritti,  monografie, libri, statuti, opuscoli e periodici (tutti originali) ma anche materiale fotografico, video, manifesti, bandiere e tessere. Alcune cose risalgono al 18mo secolo.

La Fondazione Anna Kuliscioff pubblica anche libri. 

Il 1 Aprile 1997 ha ottenuto il Riconoscimento del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e il 10 febbraio 1998 ha ottenuto il Riconoscimento Sopraintendenza Archivistica per la Lombardia.

La Fondazione Anna Kuliscioff vuole far conoscere  "il pensiero socialista, del movimento operaio e sindacale, femminile, libertario e in generale sulla storia del lavoro, dell’emancipazione e dello stato sociale".

È attenta anche a temi come la politica economica, la crescita dell'occupazione (soprattutto quella delle donne e di giovani) e la partecipazione dei dipendenti alla gestione delle aziende. Su questi temi fa anche formazione.

LA SERIE TV

Ad Anna Kuliscioff non hanno solo dedicato una via: nel 1981 la Rai ha trasmesso uno sceneggiato su di lei con Marina Malfatti, Luigi Montini Massimo Ghini, Massimo Dapporto e Lina Sastri. Andò in onda in cinque puntate a partire dal 4 marzo di quell’anno. Marina Malfatti interpretò il ruolo della protagonista, Massimo Ghini e Luigi Montini rispettivamente quello di Andrea Costa e di Filippo Turati. La regia fu di Roberto Guicciardini mentre della sceneggiatura si occuparono Pietro Albonico, Luciano Codignola e lo storico Brunello Vigezzi.

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