Quadrilatero del silenzio, ci siete mai stati?
A Milano c'è un quartiere chiamato Quadrilatero del Silenzio. Sembra incredibile visto che Milano è la città caotica per antonomasia. Ma questo è solo un lungo comune (secondo noi, lo è) ed esistono altre zone in cui è possibile passeggiare senza incontrare caos, traffico e rumore.
PREMESSA (EXCURSUS CULTURALE)
Torniamo al Quadrilatero del Silenzio. È molto facile da raggiungere. Prendete la linea rossa della metropolitana e scendete a Palestro. Quando uscite in superficie, assicuratevi di essere sul lato opposto rispetto ai Giardini Indro Montanelli. In ogni caso, nella stazione c'è l'indicazione "Villa Necchi Campiglio". Trovatela e seguite quella direzione. A questo punto, cercare l'arco di Palazzo Buonarroti-Carpaccio-Giotto, progettato da Piero Portaluppi (corso Venezia 62-64). È vicino alla posta. Imboccatelo e inoltratevi. Potremmo considerarlo la porta d'ingresso al Quadrilatero del Silenzio. Anzi, il portale. Prima di spiegarvi il perché di questa precisazione, vi invitiamo a fare una cosa: ammirare. Ammirare e pensare che Milano è un museo a cielo aperto di architettura razionalista e di architettura liberty.
Guardando verso piazza Oberdan (corso Buenos Aires) si vede svettare Torre Rasini, opera di Gio Ponti e di Emilio Lancia. Risale agli anni '30. La si riconosce anche dal colore rossiccio. Probabilmente, si trova più o meno dove sorgeva la villa del nobile ungherese Batthyàny (le fonti la collocano tra corso Venezia e Bastioni, a ridosso dei caselli daziari. Villa Finzi prima si chiamava Villa Batthyàny perché era sua. Villa Finzi si trova all'interno del parco di via Sant' Erlembardo (Mm1 Gorla), in cui ha sede anche una scuola primaria.
Torniamo in corso Venezia. Prima, però, ricordiamo che in piazza Oberdan, proprio all'angolo con corso Buenos Aires, è possibile ammirare Palazzo Luraschi, nel cui cortile le colonne sono decorate con le effigie dei personaggi dei Promessi Sposi. Ne abbiamo parlato nell'articolo su Porta Venezia.
Rieccoci all'arco di Portaluppi. Dalla parte opposta della strada, in corso Venezia 47, ecco Palazzo Castiglioni (1901-1904), in stile liberty (Sommaruga). Per chi non lo sapesse, è la famosa Ca' di Ciapp, che deve il nome alla presenza di due statue di ragazze nude. Siccome fecero scalpore, vennero tolte e portate nella clinica Columbus (via Buonarroti 48), dove è morto Enzo Jannacci. Là in fondo, verso Casa Rasini, ecco il Planetario, progettato dal Portaluppi. E poi, sebbene non siano né in stile liberty né del Novecento, abbiamo anche i Giardini (Piermarini) e il Museo di Storia Naturale (Ceruti). A proposito di quest'ultimo, in un articolo di qualche tempo fa abbiamo spiegato che al suo posto si ergeva la chiesa di San Dionigi, le cui vestigia adesso si trovano all'interno di Santa Maria al Paradiso (corso di Porta Vigentina). A sua volta, questa aveva preso di un'altra chiesa, che era dove adesso c'è il planetario. Sempre più o meno all'altezza del planetario sorgeva una delle colonne votive, dedicata a San Dionigi.
IL QUADRILATERO DEL SILENZIO
Adesso, dopo questo excursus, varchiamo l'arco del Portaluppi ed entriamo in questo quartiere. La stradina da percorrere si chiama via Tommaso Salvini. Prima abbiamo scritto che più che una porta lo possiamo considerare un portale. Infatti, sembra di entrare in un mondo fantastico. Non tanto per il silenzio quanto per la concentrazione di palazzi particolari e per i nomi che hanno contribuito a rendere questa zona uno degli angoli imperdibili di Milano. Ma non è solo questo: poco dopo aver oltrepassato l'arco, si passa di fianco a una latteria. Recentemente ne ho vista solo un'altra, in via Cima (zona Lambrate-Ortica). Insomma, roba da Vecchia Milano. Dopodiché, ecco piazza Duse. Piccola ed elegante, con dei bei palazzi. Dal 1985 al 1997 qui ci fu la sede dell'Inter.
A questo punto, zigzaghiamo un po'.
In via Cappuccini 7, all'angolo con via Serbelloni, troviamo Villa Invernizzi. È in stile liberty e ha un bel giardino ampio. Tuttavia, quello che la caratterizza e che fa sì che molti milanesi la conoscano sono i fenicotteri rosa. È stato proprio Romeo Invernizzi (l'industriale dei latticini) a farli arrivare a Milano, negli anni '70., dopo un viaggio in Sudamerica A quei tempi era legale in quanto non esisteva ancora la Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate di Estinzione.
Visto che ci occupiamo anche di comunicazione, non possiamo non ricordare alcuni personaggi delle pubblicità della Invernizzi: Susanna Tutta Panna, la mucca Carolina, il bambino del formaggino Mio.
Sempre in via Cappuccini ma all'8 e all'angolo con via Vivaio abbiamo Palazzo Berri-Meregalli, progettato da Arata. Risale agli anni '10 del XX secolo (1911-1914). È un edificio liberty ma possiamo considerarlo anche eclettico per via della mescolanza di elementi e di stili: i mattoni a vista, le colonne, le statue dei mostri e degli animali grotteschi e dei putti, il ferro battuto di Mazzucotelli. Nell'androne c'è una vittoria alata scolpita dal Wildt. Adolfo Wildt è anche l'autore della statua a forma di orecchio, che contraddistingue Casa Sola-Busca (via Serbelloni 10-12). La contraddistingue così tanto che i milanesi ribattezzarono Casa Sola-Busca la Ca' de l'Oreggia (la Casa dell'Orecchio). Prima l'orecchio era il campanello mentre adesso ha solo una funzione estetica. È stato il primo citofono di Milano. Secondo altri, non è stato scolpito da Wildt bensì da Andreani, al quale comunque dobbiamo il resto dell'edificio.
Ritorniamo a Palazzo Berri Meregalli e prendiamo via Vivaio. La prima traversa di via Cappuccini è via Mozart.
Giriamo a destra e troviamo altri quattro capolavori. Il primo è Casa Berri-Meregalli, anch'essa progettata da Arata e anch'essa caratterizzata dalla mescolanza di stili e dall'accostamento di materiali contrastanti (è un po' la cifra di questo architetto). Sulla facciata campeggiano due figure femminili. Subito dopo, ecco Palazzo Fidia (Aldo Andreani). Michelangelo Antonioni lo inquadra in una scena di Cronaca di un amore con Lucia Bosè, che abitava proprio lì.
Palazzo Fidia, il cui ingresso si trova in via Melegari 2, è stato costruito tra il 1929 e il 1932. Invece, il progetto è del 1924. Ha un aspetto molto singolare e merita di essere visto. È alto nove piani.
Villa Mozart o Villa Zanoletti (Andreani-Portaluppi, 1926) è in stile deco ed è tutta ricoperta di vite canadese.
L'edificio più celebre della via e forse di tutto il Quadrilatero del Silenzio è Villa Necchi Campiglio (1932-1935), che prende il nome dai committenti, le sorelle Necchi e il marito di una di loro. L'ha progettata il Portaluppi. Segnaliamo il giardino, il campo da tennis e la piscina, una delle prime piscine private di Milano. Adesso è di proprietà del Fai (Fondo Ambiente Italiano) e fa parte del Circuito delle Case Museo di Milano, insieme al Museo Bagatti Valsecchi, al Museo Poldi Pezzoli e alla Casa Museo Boschi Di Stefano.
Accanto a Vila Necchi Campiglio si trova un caseggiato giallo. È la sede dell’Istituto dei Ciechi, dove le persone vedenti possono fare esperienze immerse nell'oscurità totale.
Una bella porzione dell'Istituto dei Ciechi dà su via Vivaio. Pertanto, torniamo a percorrere questa strada, tenendoci alle spalle corso Venezia. All'angolo con corso Monforte troviamo largo 11 Settembre. Notiamo la facciata in stile fascista di Palazzo Isimbardi, fino al 2015 sede della Provincia di Milano e adesso, dopo la soppressione di questo ente, della Città Metropolitana di Milano. Questa parte è stata progettata da Giovanni Muzio. In corso Monforte c'è il resto di Palazzo Isimbardi (il nucleo originario risale al XV secolo), ma non ne parliamo perché non siamo più nel Quadrilatero del Silenzio. Il quale, ricapitolando, è compreso tra piazza Duse e le vie Cappuccini, Vivaio, Mozart e Serbelloni. Più qualche traversa come via Tommaso Salvini e via Meregalli e piazza Eleonora Duse.
Di questo quartiere hanno parlato Alessandro Manzoni, Beccaria, Parini, Stendhal, Carlo Carrà e Filippo Marinetti. Gli ultimi due vi abitavano.
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